DALLA COSTITUZIONE AD OGGI
FONDAZIONE
L'antico Reggimento delle Guardie del Duca di Savoia creato nel 1659 dal duca Carlo Emanuele II di Savoia che proseguendo e affermando le riforme militari iniziate da Emanuele Filiberto, volle la costituzione di un esercito permanente di pace, come nucleo dell'esercito di guerra. Il primo reggimento di tale esercito fu il reggimento di "Guardia" o delle "Guardie", costituito il 18 aprile 1659, al quale risalgono le origini dei granatieri italiani. Il reggimento ebbe uniforme rossa, sulla quale vennero in seguito applicati gli alamari bianchi, distintivi attuali dei granatieri. Nel 1664 il reggimento di guardia fu dichiarato il primo e il più anziano della fanteria d'ordinanza ed ebbe speciali privilegi, che conservò sino al 1852, tra cui quello di montare la guardia al palazzo del principe.
L'appellativo "granatieri" deriva dal fatto che, nel 1685, in relazione all'invenzione di piccole granate a mano atte al lancio individuale a breve distanza e a imitazione dell‘Esercito francese, il Duca Vittorio Amedeo II di Savoia istituì la specialità dei soldati "granatieri", addestrati e destinati a lanciare tali granate, precedendo le colonne d'attacco, assegnando ad ogni compagnia del reggimento sei soldati incaricati di lanciare allo scoperto le granate.
All’indomani dell’unificazione del Regno d’Italia (II guerra di indipendenza - 1859), il Ministro della Guerra del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II riconfigura l’Armata Sarda nel primo Esercito Italiano. Il piccolo esercito regionale dell’ ex-Re di Sardegna non è più sufficiente ad assolvere i complessi compiti che dovrà affrontare a base nazionale. Le operazioni di unificazione di tutte le forze militari disponibili nel Paese iniziano negli ultimi mesi del 1859, concludendo una prima fase organizzativa nel 1861.
Nella nota n. 76 del 4 maggio 1861 infatti il Ministro Manfredo Fanti ''rende noto a tutte la Autorità, Corpi ed Uffici militari che d'ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l'antica denominazione d'Armata Sarda''.
Da allora la Forza Armata ha operato incessantemente, in Patria ed all’estero, sia in tempo di pace che di guerra, per assolvere i compiti istituzionali assegnati dalla Carta Costituzionale e dalle leggi dello Stato Italiano. Nel corso del 2012 si sono svolte le celebrazioni del 151° anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano, nel corso delle quali sono state ricordate le tradizioni, la storia ed il contributo fornito dall’Esercito, in ogni tempo e situazione, per il bene della Nazione.
I primi anni di vita furono scanditi da una lunga operazione di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nei territori già appartenuti all’ex- Regno delle Due Sicilie e dalla sfortunata conclusione della Terza Guerra d'Indipendenza. Il 20 settembre 1870, il IV Corpo d'Armata, agli ordini del Generale Raffaele Cadorna, entrò in Roma, dando all'Italia la sua nuova e definitiva Capitale.
1^ GUERRA MONDIALE
L’Esercito Italiano fu quindi protagonista delle Operazioni della Prima e Seconda Guerra Mondiale; scrisse pagine di storia dense di gesta eroiche compiute per onorare il giuramento prestato alla propria Patria.
Il 1914 fu caratterizzato dall’entrata in guerra delle Forze dell’Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia) contro Germania e Austria-Ungheria. L’Italia al contrario, ufficializzò il suo intervento nella Grande Guerra solamente il 24 maggio 1915, con la dichiarazione di guerra all’Austria.
Una delle asserzioni più comuni per sintetizzare, o forse meglio qualificare, gli aspetti militari della grande guerra, è sempre stata la generica definizione di “guerra di posizione o di trincea”, dopo che le aspettative di una “guerra lampo” erano sfumate già sul finire del 1915.
La Trincea è un’opera di fortificazione campale, composta generalmente da un parapetto e un fosso. E’ l'elemento attivo che le truppe di fanteria scavano per proteggersi non solo nella guerra di posizione, ma anche durante le soste della guerra di movimento.
Il più delle volte sulle linee arretrate l'elemento di trincea veniva ricavato unitamente ad una o più barbette per mitragliatrici in maniera da permettere ai tiratori che la presidiavano di tirare nella stessa direzione delle mitragliatrici, per sostituirle in ogni evenienza.
Sulle zone più avanzate le truppe di fanteria che le occupavano sentivano il bisogno di scavare trincee di maggiore sviluppo, anche per poter comunicare o spostarsi sui punti laterali.
Nello stabilire la posizione delle Trincee non si devono perdere di vista gli accessi, ricordandosi anche degli appostamenti per i tiratori, i camminamenti di accesso e i ricoveri di rovescio o quelli arretrati.
Sulle linee arretrate si tiene conto delle posizioni frontali e laterali che il nemico potrebbe occupare, per evitare così l'infilamento e la troppa visibilità. Durante la costruzione di una trincea si devono, inoltre, evitare i rialzi artificiali, non depositare materiali in vicinanza delle opere e sgombrare il pietrame.
In pianura, nella maggior parte dei casi, si costruiscono trincee “rase”, cioè tutte in scavo e senza parapetto.
Vi sono altre tipologie di trincee come, ad esempio, le trincee nascoste nei boschi e quelle ricavate lungo gli argini.
La trincea si scava per tempi, in modo che possa servire subito ai soldati appoggiati al suolo; la fase successiva prevede l’approfondimento e l’allargamento della stessa per ricavarne le banchine e avere così sempre la voluta altezza di appoggio, sistemando continuamente il ciglio di fuoco e spianando il terreno di riporto. Possibilmente le scarpate dello scavo si rivestono con graticci, tavole e altri materiali o si assestano, anche, con sacchi a terra, se trattasi di elementi avanzati; anche il fondo della trincea deve essere sistemato con graticci, tavole e fascinoni in modo da permettere lo scolo delle acque; s'inizia, quindi, la costruzione delle nicchie individuali, ricavate sotto il parapetto, con relativo paraschegge o piccole traverse; si attuano, poi, provvedimenti per facilitare l'uscita all'aperto, per avere pronti materiali diversi e le cartucce, senza dimenticare l’approntamento delle latrine, di eventuali posti di medicazione, di scavi per convogliare le acque piovane, ecc.
2^ GUERRA MONDIALE
La Seconda guerra Mondiale vede l’entrata nel conflitto dell’Italia, al fianco delle potenze dell’Asse, il 10 giugno 1940: l’Esercito Italiano è protagonista sia sul fronte europeo che su quello nordafricano, assolvendo con onore i propri compiti operativi e scrivendo pagine gloriose di valor militare, come l’epica ma sfortunata battaglia di EL-ALAMEIN dove, tra gli altri, si distinguono i paracadutisti della Divisione ”Folgore”, i carristi della Divisione “Ariete” ed i fanti della Divisione “Pavia”. Anche sul fronte orientale le truppe italiane si distinguono per assoluto coraggio ed abnegazione, come l’epica impresa del “Savoia Cavalleria” nella steppa di Isbuscenskji nel corso della spedizione del 1941-1942 in Russia, conclusasi con la ritirata sul fiume Don. Dopo l’armistizio concluso con le potenze Alleate l’ 8 settembre 1943 ed il successivo disfacimento dello Stato, la massima parte dei militari dell’Esercito Italiano aderisce alla Lotta di Liberazione nazionale contro l’ex-alleato - ora invasore – germanico. Oltre 600.000 militari italiani vengono catturati ed internati nei lager: Internati Militari Italiani (IMI) è il nome ufficiale dato dalle autorità naziste ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell‘ armistizio. Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vengono posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito nazista o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accetta l’arruolamento. Gli altri vengono considerati “prigionieri di guerra”. In seguito cambiano status divenendo “internati militari” (per non riconoscere loro le garanzie della Convenzione di Ginevra), ed infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, “lavoratori civili”, in modo da essere sottoposti a lavori pesanti senza godere delle tutele della Croce Rossa loro spettanti. Gli Italiani che aderiscono alla Resistenza, organizzati in formazioni partigiane, riescono a riconquistare la libertà perduta e scrivono pagine di assoluto valore militare, sia in Patria che all’estero, come quella riguardante il massacro, avvenuto a CEFALONIA, dei soldati italiani combattenti a fianco delle formazioni partigiane greche ovvero l’eroica difesa di Roma operata dai Granatieri di Sardegna a PORTA SAN PAOLO.
Dopo l’8 settembre 1943 le unità dell’Esercito Italiano combatterono al fianco degli alleati ricostituendosi in gruppi di combattimento e in formazioni partigiane. Fornirono un contributo decisivo alla sconfitta dei tedeschi in Italia e nei Balcani combattendo valorosamente sui relativi fronti.
Circa un terzo dei militari italiani caduti nel 2° conflitto mondiale morì nella guerra di liberazione.
DAL DOPOGUERRA AD OGGI
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, lo strumento militare italiano, nel quadro delle Forze Armate dei Paesi aderenti alla NATO, ha continuato a basare la propria ossatura sul personale sottoposto alla coscrizione obbligatoria (leva) anche dopo la fine della Guerra Fredda ed il sorgere dei sistemi democratici nell’ Europa Orientale. Ciò sino agli inizi degli anni 2000, quando le nuove figure professionali dei VFA e VFP, dapprima, e dei VFP1, VFP4 e VSP, hanno determinato gradatamente la trasformazione della F.A. da Esercito di massa - fondato sulla leva - in strumento snello, flessibile, modulare, interoperabile e prontamente impiegabile sia sul territorio nazionale che su quello internazionale. Infatti, dopo la caduta del Muro di Berlino, la suddivisione dello scenario mondiale in due aree di influenza speculari e contrapposte tra loro (NATO avverso Patto di Varsavia) è stata sostituita da una più complessa e frammentaria realtà strategica, nella quale è preponderante il rischio di “conflitti asimmetrici”, caratterizzati dalla presenza di un avversario difficilmente individuabile, che usa tattiche di guerriglia e che dispiega le proprie forze in ampie aree territoriali. In tale mutato scenario globale, l’Esercito Italiano è costantemente impegnato in operazioni sia sul territorio nazionale sia in ambito internazionale, volte in particolare al mantenimento della pace e sicurezza internazionali ed al contrasto del terrorismo, soprattutto di quello di ispirazione fondamentalista.
Il 3 novembre 1996, nella ricorrenza della festa delle Forze Armate, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha consegnato al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito la Bandiera di guerra dell'Esercito, concessa con decreto in data 6 marzo 1996. La solenne cerimonia si è svolta a Roma, alla presenza delle Bandiere delle Armi e dei Corpi nonché delle Bandiere della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare. La Bandiera di Guerra è la sintesi di tutte le onorificenze/ricompense concesse dai supremi rappresentanti delle Istituzioni nazionali alla Forza Armata nel corso della sua esistenza, come di seguito elencate:
n.3 Croci di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia:
n.1 Medaglia d'Oro al Valor Militare;
n.2 Medaglie d'Oro al Valor Civile;
n.1 Medaglia d'Argento al Valor Civile;
n.1 Medaglia d'Oro al Merito Civile;
n.1 Medaglia d'Argento al Merito Civile;
n.1 Medaglia d'Oro al Merito della Croce Rossa Italiana;
n.1 Medaglia d'Oro al Merito della Sanità Pubblica.